Quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo (Rm 5, 10).
Fra coloro che volevano seguire intimamente Gesù e che avevano dato prova di fedeltà lasciando ogni cosa per stare con lui, c’erano i due figli di Zebedeo. La loro madre, certamente entusiasta della figura straordinaria di Gesù e contenta perché i due figli lo seguivano, osò presentarsi al Maestro divino per chiedergli il dono di far sedere i suoi due figli uno a destra e l’altro a sinistra nel regno dei cieli. Fu una preghiera molto cara, degna di un cuore materno che vuole il massimo bene e la massima felicità per i suoi figli. Quella madre aveva compreso che solo in Gesù c’è la pienezza della vita e della gioia. La reazione degli altri discepoli non ci interessa. L’invidia e la gelosia fanno parte delle emozioni irrazionali del cuore umano. La risposta di Gesù, invece, fu una domanda più che una promessa. Chiese ai due se fossero disposti a bere il calice che egli avrebbe bevuto. Non ci sentiamo di soffermarci sulla realtà del calice perché questo appartiene al progetto di Dio. Nessuno conosce il progetto che gli è stato riservato. Sappiamo solo che Dio non impone mai pesanti pesi sulle spalle degli uomini. Dio non permette che siamo tentati al di sopra delle nostre forze. Quando ci mette alla prova ci dà anche la forza per superarla. Ci interessa la domanda di Gesù perché deve risuonare nel nostro spirito e merita una risposta chiara e decisa. “Possiamo bere il calice che Gesù ha bevuto?”. Siamo convinti che la possibilità c’è se Dio stesso ha fatto su di noi questo progetto. Ciò che manca spesso, invece, è la volontà. È risaputo, infatti, che molti si allontanavano da Gesù ritenendo “duro” il suo discorso. Gesù aveva detto che bisognava e bisogna inoltrarsi per la via stretta. La via di Gesù non è via facile. Non è via da gioco. Non è via di illusioni e di balocchi. Ma non è via assurda ed impossibile. Non è via solo per giganti nello spirito. È via aperta a tutti. Seguendo lui non interessa il dove ed il quando, la destra o la sinistra, lo stare in prima fila o nella retrovia. Ciò che conta è “voler bere il suo stesso calice” dove l’ubbidienza e l’amore si mescolano insieme. Si può bere il calice se si è innamorati.
Dove troverò, Signore, la forza e l’energia per essere come Te, se non nutrendomi sempre di Te? Voglio bere il tuo calice ma purifica le mie labbra!
Cammino quaresimale tratto da “Quaresima: fissare lo sguardo in Gesù“ di don Nicola Giordano – Edizioni Viverein