Ecco l’aceto, il fiele, i flagelli, gli sputi, gli schiaffi, i chiodi, la lancia: l’umile corpo ne è trafitto e sgorga un fiume di sangue che purifica la terra, il mare, le stelle, l’universo.
Il Venerdì santo lo possiamo definire come il giorno dello strazio cosmico. Avvengono in quel giorno, e il ricordo vivo è sempre presente nella storia di ogni individuo, delle cose incredibili ed inammissibili. Innanzitutto il Figlio dell’uomo è costretto a salire il Calvario con addosso la croce non fatta di legno ma di peccati. Pesantissima croce, pesantissimi peccati. Anche i peccati di oggi e di domani erano presenti: carico impossibile! Sulla vetta della montagna la croce viene issata perché tutti possano vederla. Sulla croce non c’è un serpente di bronzo o un vitello d’oro. Sulla croce c’è un uomo, il vero Uomo, l’Uomo nuovo, il Figlio dell’Uomo, il Figlio nato da Maria, l’Uomo-Dio. E quell’Uomo viene inchiodato come per costringerlo a stare e rimanere in croce, perpetua vittima di redenzione. L’umanità non può vivere un solo giorno senza questa vittima di amore. Dalla croce Egli, l’Amore, grida, supplica, prega anche a nome di tutta l’umanità: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza”. Quel grido, quella preghiera, quella supplica tutti la sentono ma tutti la fraintendono. La credono supplica di un disperato e gli porgono l’aceto e il fiele per attutire il dolore. Credono che quell’Uomo crocifisso si stia rivolgendo verso altri che possano aiutarlo. “Sta chiamando Elìa”, diranno alcuni. Chi è Elìa e cosa potrebbero fare tutti i profeti di ieri e di oggi di fronte alla assurdità del peccato ed alla morte del Figlio di Dio? Dalla croce Egli, morente, non si smentisce nel suo essere Amore ed emette il grido più forte che solo il Padre può ascoltare ed esaudire: “Padre, perdonali, non sanno quello che fanno!”. Il vero amore non si smentisce perché sa e vuole diventare vittima. Sa e vuole lasciarsi prendere da tutti perché tutti siano sanati. Dalle sue piaghe l’uomo riceve la medicina salvifica, quel sangue nuovo che scorre nelle vene di ciascun uomo e lo rende figlio di Dio. Dalla croce, Gesù benedetto, la tenerezza personificata, colui che ha il cuore umile e docile, colui che si è offerto come Agnello del riscatto, non dimentica le ultime tenerezze e rivolgendosi alla Madre, le dice: “Ecco tuo figlio” e si abbandona al Padre, fra le braccia della Madre e, con delicatezza d’amore insuperabile, ci affida al cuore della Madre: “Ecco tuo figlio, ecco tua madre”.
Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno!
Cammino quaresimale tratto da “Quaresima: fissare lo sguardo in Gesù“ di don Nicola Giordano – Edizioni Viverein